Norme alimentari per la prevenzione

juiceB
Agire sui fattori di rischio modificabili attraverso una regolare attività fisica quotidiana abbinata ad una alimentazione equilibrata mediterranea, potrebbe ridurre il rischio di sviluppo di carcinoma mammario grazie al conseguente miglioramento dell’assetto metabolico e ormonale. Una camminata quotidiana, una corsa anche leggera, un’ora di attività sportiva al giorno bruciando i grassi riducono il rischio di sviluppare un tumore al seno.

Utilizzare l’olio extravergine d’oliva,
Prediligere prodotti naturali, coltivati con concimi naturali senza pesticidi e poco manipolati,
Arricchire la dieta con frutta e verdura fresca di stagione contenente vitamine, sali minerali ed antiossidanti,
Aumentare il consumo di legumi e pesce azzurro,
Preferire cibi ricchi di fibre e non raffinati,
Ridurre l’assunzione di cibi grassi
specialmente di origine animale,
Ridurre il consumo di alimenti conservati con additivi, sotto sale, olio, aceto, o affumicati
e limitare l’uso del barbecue e delle fritture,
Evitare le bevande zuccherate,
Moderare l’uso di bevande alcoliche,
specie se a forte gradazione, e abituarsi al consumo di un buon bicchiere di vino rosso da consumarsi durante i pasti principali,
Evitare l’obesità ed il sovrappeso dosando l’apporto energetico rispetto al proprio stile di vita, all’età e al tipo di attività svolta.

Più si assumono zuccheri più si va in ipoglicemia, per questo gli zuccheri causano obesità. La glicemia deve essere costante nel sangue, se andiamo in ipoglicemia il cervello non funziona bene. Bisognerebbe cambiare le colazioni, attualmente troppo ricche di zuccheri assunti tramite biscotti e merendine.

A proposito del rapporto tra obesità e cancro (tumore al rene, alla prostata, all’intestino, etc), nel 2001 non c’era ancora nessun studio scientifico che avesse messo in relazione obesità e “cibo spazzatura”. Dai primi studi si evince che, per ogni lattina di coca cola che un bambino beve al giorno, il rischio obesità aumenta del 60%. I cibi che fanno più ingrassare sono, in ordine di rischio, patatine, patate (indice glicemico molto alto), carni conservate, carni rosse, bevande zuccherate, farine raffinate e dolciumi. Ciò che aiuta a non ingrassare sono cereali integrali, verdure, noci, nocciole, mandorle e pistacchi. La frutta secca contiene grassi e ha molte calorie, ma ha la proprietà meravigliosa di ridurre la velocità di assorbimento del glucosio.

Il dottor Berrino dell’Istituto Tumori di Milano ha  affrontato da anni la tematica degli ormoni e della dieta in relazione all’eziologia dei tumori. Un indicatore di rischio per i tumori al seno nelle donne sono gli ormoni sessuali maschili. Un altro indicatore molto importante è la glicemia. Più alta è la glicemia, più alto è il rischio di cancro al seno. Per tenere bassa la glicemia bisogna dunque consumare frutta secca, mentre è sconsigliato l’uso di pane bianco, patate e farine raffinate. In particolare, la farina 00 è davvero nociva, dovrebbe essere sostituita con la farina integrale. La pasta di grano duro essicaata a basse temperature, invece, va molto bene (si usa nell’alimentazione sportiva perché, dopo 3 ore, rilascia ancora zucchero per far funzionare muscoli).

L’altra strategia per tenere a bada la glicemia è ridurre i grassi saturi (= grassi solidi). La membrana delle nostre cellule è fatta prevalentemente di grassi e, a seconda di quali assumiamo, essa sarà diversa. Se mangiamo burro, la membrana sarà più dura, con l’olio diventa più malleabile e con gli omega 3 ( i grassi del pesce), ancora di più. Se la membrana è rigida, l’insulina fa fatica ad aprire le porte per fare entrare gli zuccheri, quindi si alza la glicemia e il pancreas deve produrre più insulina. Chi ha l’insulina alta rischia di ammalarsi di cancro. L’insulina alta fa aumentare gli ormoni sessuali nelle ovaie e i fattori di crescita (piccole proteine che servono a far crescere i bambini e, nell’adulto, a riparare i tessuti quando si guastano ma, se in eccesso o troppo stimolate, fanno aumentare il rischio di cancro). Da studi avviati nei primi anni ’90 si ha la conferma che il fattore di crescita IGF1 (molto importante per la crescita dei bambini) in età adulta può essere un fattore di rischio per il cancro alla mammella, e ciò dipende proprio dai valori elevati di insulina, che stimola il IGF1. Il nostro corpo è stato progettato in modo che, quando manca il cibo (tempi di carestia), l’insulina sia bassa. In questo caso, l’ovaio non riesce a produrre ormoni sessuali e le donne diventano sterili. E’ un meccanismo di difesa, la poca energia che c’è viene usata per sopravvivere e non per procreare.

Oggi, la medicina tiene in vita molte persone grazie al controllo del colesterolo, della pressione, dei trigliceridi, della coagulazione del sangue, del diabete, etc. Il 90% della popolazione anziana prende farmaci ogni giorno (business clamoroso, in aumento). Le nostre più grandi industrie nazionale sono sanità e cibo.

Lo stile di vita errato può portare alla sindrome metabolica. Si dice che una persona ha la sindrome metabolica quando la sua circonferenza di vita è maggiore di 85 cm (per le donne) o 100 cm (per gli uomini), quando la pressione minima (diastolica) è superiore a 85 e la pressione massima (sistolica) è superiore a 130, quando la glicemia è superiore a 100, quando i trigliceridi sono oltre 150 e quando il colesterolo buono è sotto 50. Altri fattori importanti che favoriscono la sindrome metabolica sono l’insulina alta e gli stati infiammatori. Basta avere tre sintomi su cinque e si può definire come sindrome metabolica. Chi ha questa sindrome, rischia di ammalarsi di più di diabete, infarto e ictus. Recentemente, si è notato anche un aumento del rischio di cancro alla vescica, alla mammella, all’’intestino, alla prostata, etc, della patologia di  Alzheimer, di malattie autoimmuni, etc.

Alcuni studi dimostrano che la dieta mediterranea tradizionale, fatta di cereali non raffinati, legumi, verdure, frutta secca, frutta fresca, pesce e, occasionalmente, formaggio e carne, riduce la sindrome metabolica. Infatti, nelle zone dove viene adottata una simile dieta ci si ammala meno anche di cancro al seno.

Quindi, bisogna orientare la nostra alimentazione prevalentemente verso “cibi di origine vegetale non industrialmente raffinati”. La varietà è importantissima, ma si sta riducendo a causa delle logiche di mercato messe in atto per aumentare la produzione. Anche la produzione di latte è soggetta a questa logica: una volta le mucche facevano 7 litri di latte al giorno, oggi si arriva a 35 e anche oltre, specialmente negli U.S.A. Sono mucche malate, trattate con antibiotici, che consumano le proprie proteine perché non ce la fanno a mangiarne abbastanza per produrre tanto latte..

Il dottor Berrino si esprime anche sul tema della biodiversità. Attualmente, i semi che piantiamo nella terra provengono tutti da tre grandi multinazionali chimiche. Ci sono movimenti per il recupero dei semi, delle biodiversità tradizionali (vedi Slowfood) e dell’agricoltura di sussistenza, per ridare all’uomo la possibilità di coltivare il suo terreno. Siamo tutti diversi, lo stesso cibo ha effetto diverso in persone diverse. La consapevolezza è il grande obiettivo di oggi. La gente non sente più il proprio corpo, invece bisogna imparare a riconoscere gli effetti che ha su di noi il cibo. Per capire a cosa dobbiamo stare più attenti, bisogna riconoscere le nostre debolezze (ad esempio, una costituzione fragile). Così come per un operatore shiatsu, a volte, basta guardare in faccia una persona per fare la diagnosi, così si può capire se uno necessita un cibo che “riscaldi” o che “raffreddi”.

In ogni caso, una volta introdotta l’agricoltura, tutti i popoli del mondo hanno mangiato cereali e legumi.

Le scoperte/intuizioni sui cibi sono correlate alle sempre le maggiori conoscenze della biochimica e della biofisica. Il riso lungo è più yin del riso tondo (ad eccezione del basmati) e si consiglia d’estate. Il riso lungo ha amidi diversi, è molto più ricco di amilopectina, di catene di glucosio ramificate, mentre il riso tondo ha decine di migliaia di molecole di glucosio a lunga catena. L’amido del riso lungo è facilmente gelatinizzabile e ha un indice glicemico più alto rispetto a quello del riso tondo. Il mais, che di tutti cereali è più yin (è più grosso), fa aumentare la glicemia. Gli antichi cinesi non lo sapevano, ma avevano canali di conoscenza diversi da quelli scientifici attuali. Per noi occidentali che, invece, abbiamo una conoscenza scientifica, all’inizio risulta difficile ragionare in termini di yin e yang.

L’istinto personale di salute, potrebbe portare la gente a scegliere il cibo adatto, esista, ma deve essere ripulito dalle sovrastrutture. I nostri gusti sono stati avvelenati dallo zucchero e dal sale. Possiamo riuscire a ritrovare la saggezza del corpo solo conoscendo e sentendo il gusto naturale del cibo. E’ molto difficile liberare il corpo dalla sovrastruttura alimentare imposta, anche perché il cibo ha una componente sociale, oltre che un retaggio familiare.

Il dottor Berrino ci consiglia: regola importante è mangiare cibo di stagione e soprattutto cibo del paese in cui si vive: ogni alimento ha la sua massima energia e potenzialità nutritiva se assunto nella stagione della sua massima maturazione considerando la modalità di produzione.

L’industria alimentare, trae enormi profitti dagli alimenti altamente raffinati derivanti da mais, frumento e riso e invoca il bilancio energetico, e quindi la quantità di calorie, come prima linea di difesa per spiegare l’aumento di peso e l’obesità. Se tutte le calorie fossero uguali, allora non esisterebbero cibi cattivi e le bevande zuccherate e i cibi spazzatura sarebbero accettabili se usati con moderazione. Sarebbe quindi una semplice questione di controllo delle porzioni. Il fatto che questo raramente funzioni, viene usato come prova che le persone obese mancano di volontà, non che le motivazioni potrebbero essere errate.

Il ritorno alla qualità del cibo, all’agricoltura contadina e famigliare che ci auguriamo non può ridursi alla valutazione dell’importanza di elementi quantitativi e economicistici, dimenticando o ignorando che stiamo parlando di cibo. Non “fa lo stesso” cosa mangiamo e come mangiamo.