La salute della terra e difesa della nostra salute

Il prof.  Carlo Alberto Graziani dell’ Università di Siena riflette sugli aspetti legati alla terra come bene comune.

La terra deve essere considerata nella sua naturalità fonte di vita e vita essa stessa; la terra coperta da vegetazione, destinata alla coltivazione e al pascolo di animali domestici e selvatici; ma anche la terra ritenuta sterile – sabbie e deserti, rocce e spiagge, grotte e cave dismesse – che contiene, essa pure, forme di vita; la terra dell’aperta campagna, ma anche la terra degli orti e dei giardini prigionieri degli spazi metropolitani, cioè la terra del vuoto urbano; la terra che a volte appare nella sua affascinante bellezza, a volte nella sua desolata aridità.

Non è mera questione terminologica, è cambiamento di orizzonte.

Il suolo è neutro, inerte, può essere calpestato; la terra, anche la più arida, è viva, feconda, non si calpesta, vi si affonda. La terra si lavora; il suolo non si lavora, ma su di esso e sotto di esso si cementifica. La terra violata, perché cementificata, inquinata, muore, cessa di essere terra e diventa suolo; il suolo resta sempre e comunque suolo. Il suolo rende uniforme città e campagna, edificato e inedificato, vuoto e pieno della città. La terra caratterizza: nella città distingue il vuoto dal pieno, rappresenta l’interstizio del tessuto edificato, costituisce il verde; nella campagna distingue le attività pulite da quelle che inquinano e sterilizzano, individua e denuncia quegli artifici umani che rinnegano la naturalità, che uccidono la fecondità. Il suolo non dà conto della finitezza delle risorse perché tutto è suolo. La terra invece è il segno di quella finitezza. Il suolo non si consuma, non si sfrutta, non si rapina; è la terra che si consuma perché si sfrutta, è la terra che si rapina.

La terra è vita perché vita sono il suo humus e la sua fecondità; perché vita è la natura, vita è l’ambiente. Ed è proprio qui la ragione della problematicità allorché si voglia guardare alla terra come oggetto di situazioni giuridiche: le espressioni possedere la terra, essere proprietari della terra diventano evanescenti perché non è possibile impossessarsi di quell’intima sua essenza che è la vita.

Se nel passato il problema poteva essere accantonato o addirittura sfuggire, nascosto da una disponibilità di risorse apparentemente illimitata, oggi che l’umanità ha oltrepassato la soglia del sovraccarico ecologico globale la ragione di fondo di quella impossibilità emerge drammaticamente: incidere sulla vita della terra, anche solo per quanto concerne la “propria” terra, significa contribuire a mettere a rischio il pianeta e perciò a ledere un interesse che corrisponde a esigenze avvertite sempre più profondamente nel tessuto sociale e che trova la sua tutela nelle carte costituzionali più importanti della nostra epoca. Il diritto all’ambiente, che nel nostro ordinamento trae il suo fondamento in particolare dagli artt. 2, 9, 32 della Costituzione, non può non avere alla base il diritto di tutti a godere di una terra che sia viva e feconda.

Ma la terra non è solo vita per se stessa, lo è anche per le persone con cui esse entra in relazione: perché è “sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba” (4) ; perché le aggressioni nei suoi confronti – dall’inquinamento alla cementificazione – incidono sulla salute e sulla qualità dell’esistenza di singoli e di collettività; perché le rapine – dalle espulsioni che nella storia si sono dolorosamente ripetute fino al land grabbing – segnano la fine delle comunità che vi sono insediate.

La terra è vita, ma è anche paesaggio e bellezza. Con questi termini non alludo a elementi puramente formali, estetici, ma a concetti più pregnanti.

Paesaggio – di cui la terra è elemento fondante – è “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e delle loro interrelazioni” (art. 1, Convenzione europea del paesaggio); è “il territorio espressivo di identità” (art. 131, co. 1, Codice dei beni culturali e del paesaggio); è “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità” (art. 5,Convenzione).

La terra bene comune

La terra esprime dunque utilità fondamentali che corrispondono a valori costituzionalmente tutelati e che pertanto devono essere salvaguardate per permetterne la fruizione da parte dell’intera collettività e soprattutto delle future generazioni.

Sono fondamentali le utilità che si riferiscono alla naturale fertilità della terra e perciò alla genuinità dei prodotti agricoli e che quindi si connettono al diritto alla salute (art. 32 Cost.); le utilità legate alla morfologia della terra che richiamano sia il diritto al paesaggio (art. 9) sia, grazie al mantenimento del manto vegetale, il diritto all’ambiente salubre (art. 32); le utilità che discendono dalla idoneità della terra a essere lavorata e che consentono l’attuazione del diritto al lavoro (artt. 35 e 44); la terra è inoltre elemento fondante della cultura e delle tradizioni delle popolazioni insediate e pertanto richiama la tutela sia delle formazioni sociali sia della cultura (artt. 2 e 9).E’ su questa base che si fonda la natura di bene comune della terra (6).

Si aggiunga che, quando nelle elencazioni dei beni comuni si fa riferimento, ad esempio, ai boschi e alle acque, alle alte montagne e ai parchi, al paesaggio e al territorio, al cibo e alle produzioni tipiche, la terra è sempre presente nella sua coinvolgente fisicità: contiene l’acqua, fonda il paesaggio, è elemento costitutivo del territorio, garantisce tipicità e genuinità alimentare. In ultima analisi la terra è un bene comune che nella sua materialità rappresenta la base fondamentale di altri beni comuni.

Pertanto a maggior ragione la terra è bene comune.

A questo punto però si delinea una situazione che appare schizofrenica.La terra è bene comune perché è legata alla soddisfazione di esigenze riconducibili a diritti fondamentali, ma nello stesso tempo – quando viene confinata, picchettata, quando diventa una “piccola figura catastale”(7) – è oggetto di diritti escludenti e in particolare di proprietà.Come può accadere che una stessa cosa, uno stesso bene materiale, la medesima terra sia bene comune e nello stesso tempo oggetto di proprietà escludente? Questo è il punto fondamentale per comprendere il significato e la portata non solo del bene comune terra, ma anche degli altri beni comuni, almeno di quelli materiali: così l’acqua, che è bene pubblico (cioè di proprietà dell’ente pubblico) e nello stesso tempo è bene comune; il bosco, che può essere privato o pubblico e in entrambi i casi è anche bene comune; la fauna selvatica omeoterma, che è patrimonio indisponibile dello Stato e nello stesso tempo è bene comune; e anche i pesci, che invece sono res nullius, ma nello stesso tempo sono bene comune; il singolo bene culturale, che può appartenere a un privato o a un ente pubblico e che nello stesso tempo è bene comune; così pure la città le cui parti – porzioni di verde, ma anche singoli beni culturali – possono essere oggetto di proprietà escludente e insieme beni comuni.

La risposta all’interrogativo è semplice e nello stesso tempo complessa.

La natura di bene comune non entra in contraddizione con l’esistenza della proprietà perché bene comune e bene oggetto di proprietà escludente operano su piani diversi: la terra oggetto di proprietà o di altri diritti escludenti rileva fondamentalmente sul piano del mercato; anche quelle terre che per loro natura non sarebbero commerciabili possono mutare natura con apposito intervento legislativo, come dimostrano l’annosa vicenda della liquidazione delle proprietà collettive o i recenti tentativi che mirano a mettere in commercio perfino i beni del demanio naturale; la terra bene comune rileva su un piano diverso dal mercato, quel piano ideale dove essa è sintesi di valori che rinviano a diritti fondamentali.

La terra oggetto di diritti può essere trasferita agli eredi del proprietario; la terra bene comune deve essere conservata e custodita perché gli eredi di tutti – le future generazioni – ne possano godere.La terra oggetto di diritti esclude; la terra bene comune include, è aperta alla fruizione di tutti e proprio per questo pone la centralità della questione dell’accesso: tutti hanno diritto di accedere alle utilità fondamentali, cioè a quelle che si riconducono a valori costituzionali, chiunque sia il proprietario.

Come si è visto, esiste un oltre la proprietà della terra, un oltre il possesso, un oltre le altre situazioni giuridiche che concernono la terra: un oltre che, come abbiamo detto, è altro rispetto alla proprietà, al possesso e in genere alle situazioni giuridiche. Questo altro è appunto il bene comune; al titolare non è dato il potere di impedirne la fruizione da parte dell’intera collettività, non è dato cioè il potere di violare il diritto di accesso di tutti perché quel bene ha la funzione di soddisfare esigenze costituzionalmente tutelate. Dunque è questo profilo funzionale a determinare l’area che non può essere ricondotta nel contenuto della proprietà.

In sintesi: il diritto di proprietà finisce dove inizia il bene comune. In questo confine risiede la complessità della risposta.

(6) I beni comuni “esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona e sono informati al principio della salvaguardia intergenerazionale delle utilità”: così definisce i beni comuni – distinguendoli sia dai beni pubblici che da quelli privati –la Commissione Rodotà istituita dal Ministro della Giustizia del Governo Prodi nel giugno 2007 con il compito di redigere uno schema di disegno di legge delega per la riforma del codice civile sui beni pubblici. La relazione e lo schema del disegno di legge sono pubblicati in Pol. dir. 2008.
(7) G. Capograssi, op. cit., p. 249.

  Il ruolo della partecipazione

Perché il diritto di accesso alla terra bene comune non resti mera formula occorre che la terra venga conservata nella sua integrità e che l’interesse della collettività alla conservazione abbia rilevanza giuridica, venga cioè tutelato. Terra bene comune significa pertanto riconoscere alla collettività anche il diritto alla conservazione della sua integrità.Conservare l’integrità della terra non significa vagheggiare il ritorno a un passato che si ritiene fondato sull’armonia o pretendere di fissare il presente come in un’istantanea per impedire ogni trasformazione perché non si può arrestare ciò che è inarrestabile: la vita della terra e la vita dell’umanità; e non significa neppure illudersi di poter contrastare la corrente della storia che si svolge sotto la spinta del dinamismo del rapporto tra la terra e la persona, in particolare del rapporto città-campagna, e del dinamismo delle attività produttive.

Conservare non significa immobilizzare il paesaggio proprio perché è il segno visibile di quel rapporto nel suo svolgersi storico. Conservare l’integrità della terra significa invece, in negativo, che tale svolgimento non può essere condizionato dalle logiche proprietarie proprio perché sono logiche di esclusione e quindi di violenza e, in positivo, che ogni trasformazione deve essere tale da garantire il rispetto dei diritti fondamentali proprio perché la terra è bene comune.

Il problema allora si sposta sul piano delle garanzie e si apre perciò al grande tema della partecipazione. Solo attraverso una partecipazione effettiva – perciò informata e preliminare – della collettività alle scelte che riguardano l’assetto della terra, solo attraverso un coinvolgimento responsabile di tutti coloro che hanno a cuore le sorti della terra in una specifico contesto territoriale urbano o extraurbano (proprietari o non proprietari, residenti o non residenti, soggetti singoli o associati) saranno possibili, nell’ambito di un quadro legislativo ben definito e attraverso procedure concessorie adeguate, le necessarie trasformazioni che non violino la natura della terra quale bene comune.

Prof.  Carlo Alberto Graziani

“La gente è alimentata dall’industria alimentare che non si interessa della salute ed è curata dall’industria farmaceutica che non si interessa dell’alimentazione”. Wendell BerryRomanziere americano, poeta, agricoltore, ambientalista.

La salute di una persona è parte della salute di una comunità e della sua capacità di prendersi cura del proprio territorio, di se stessa e delle generazioni future. Non ci potrà essere prevenzione delle malattie se continueremo ad inquinare e a sprecare le risorse della terra producendo un cibo non sostenibile per la salute della terra, per l’ambiente e dannoso per la nostra salute. I beni comuni sono indispensabili per la soddisfazione dei bisogni fondamentali delle persone. Parliamo di accesso all’acqua, al cibo, alla conoscenza, alla salute, alla tutela del paesaggio e del territorio. In un Paese in cui assistiamo a tagli sociali in assenza di equità, al perdurare delle disparità uomo-donna, al saccheggio ambientale, ad un cibo che ci ammala. L’Associazione vuole adoperarsi affinché prevalga il primato dei diritti e degli interessi della comunità rispetto a quello dei singoli. Sentiamo l’obbligo di non lasciare sole le generazioni future. Non vi é giustizia senza solidarietà fra generazioni.         I rischi ambientali danneggiano la salute. Tutelare l’ambiente significa valorizzare il paesaggio cominciando a frenare il consumo dei terreni agricoli. Il degrado del territorio, del paesaggio, dell’ambiente si ripercuote sui terreni sempre più invasi da scorie velenose e illecite, sempre più inquinati da fertilizzanti e pesticidi con conseguenze sulla nostra salute, sull’economia agricola pulita e sana, sul patrimonio storico artistico e sulla qualità del cibo.

L’inquinamento è diffuso, i suoli, le coste ed i terreni sono pieni di cemento, assistiamo alla fine dell’agricoltura di qualità a vantaggio di un agroalimentare industriale che rende il cibo costoso, non sostenibile e non sano. Obiettivo è ridurre il consumo di suolo mettendo in sicurezza il territorio e favorire i livelli di occupazione investendo sui piccoli produttori: nulla protegge meglio il paesaggio come l’allevamento estensivo e l’agricoltura di qualità.

E’ giunto il momento di fare qualcosa, il momento di cambiare, non possiamo continuare a distruggere l’ambiente ed i terreni agricoli, che rappresentano un’eccellenza, in nome di un progresso che inquina, ammala e impoverisce il Paese. Che senso ha stravolgere una economia agricola in un territorio destinato ad essere un volano per un turismo enogastronomico di qualità e per un cibo che può e deve essere sano. Abbiamo perso contadini ed artigiani stiamo per perdere la nostra cultura, la nostra storia, il nostro cibo.

La qualità dell’ambiente, il paesaggio, il territorio, il cibo sano sono beni comuni da difendere e tutelare. Su queste tematiche e sul nesso causale tra ambiente, alimentazione e tumori l’associazione presenterà  proposte e progetti in collaborazione con associazioni, enti ed istituzioni scientifiche. La conoscenza e l’educazione del cittadino a una alimentazione buona, sana  e giusta è anche educazione al rispetto dell’ambiente e della vita intera. Un investimento in prevenzione non è uno spreco avrebbe enormi ricadute nel ridurre l’incidenza delle malattie sociali, da subito però bisogna creare un’alleanza produttori-consumatori. È importante ricordare che il nostro attuale sistema agricolo produce molto più cibo di quanto sia necessario per sfamare il pianeta. E’ necessario aumentare l’accesso al cibo sano. Aumentare la percentuale di agricoltura che utilizza metodi biologici e sostenibili non è una scelta, è una necessità. Non possiamo semplicemente continuare a produrre cibo industriale senza prenderci cura del nostro suolo, dell’acqua, della biodiversità e della nostra salute.

L’associazione “Le Donne Scelgono da anni affronta il delicato argomento del cambiamento delle abitudini alimentari per sostenere il ritorno alla cultura del cibo buono, sano e sostenibile, utile alla corretta prevenzione del tumore al seno e di altre gravi patologie come l’obesità. L’Associazione da anni persegue l’obiettivo di aumentare i saperi per riscoprire salute e sapori e imparare a conoscere il cibo di qualità, il cibo agricolo dei piccoli produttori. Il lavoro di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari deve essere valorizzato. Viviamo il Paesaggio e il territorio come un Bene Comune da proteggere e valorizzare.

Il rispetto del paesaggio significa proteggere luoghi e territori, significa terreni puliti, cibo buono e sano, salvaguardia della salute. Terreni puliti si traduce in agricoltura sana, in cibo e vini più buoni più sani. La salute della terra è difesa della nostra salute, la terra è madre.

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