Cibo e salute

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Cibo vero, pseudo cibo, altro cibo…

Cibo “vero”  è il cibo vivo, fresco, variegato, integrale non tossico, con sapori e ingredienti naturali proveniente da agricoltura familiare e da piccoli produttori che rispettano la terra; è il cibo “locale”, significa freschezza dei prodotti provenienti da aziende agricole prossime ai mercati di vendita ― gestiti dai medesimi agricoltori ― o in negozi indipendenti della zona.
Una dieta basata principalmente su cereali raffinati è la causa principale di malnutrizione, costipazione, stanchezza e numerose malattie croniche (diabete, malattie cardiocircolatorie, obesità e alcuni tumori).

Le regioni meridionali hanno tristi primati di sovrappeso e obesità infantile. La media italiana dei bambini in sovrappeso è del 23% dei bambini obesi è del 12%. In Campania i bambini in sovrappeso sono il 28% i bambini obesi sono il 18% (primati italiani). In Campania, Calabria, Molise, anche tra gli adulti si registrano i tassi di obesità più alti d’Italia e tra i più alti d’Europa; alla faccia della dieta mediterranea. Con gli attuali ritmi di crescita dell’obesità, nel 2030 si prevede che il 20-30% della popolazione mondiale sarà obesa e il 40-50% in sovrappeso. In Italia la spesa annuale stimata per l’obesità è di 23 miliardi di Euro, di cui 11 a carico del sistema sanitario nazionale, equivalente al 10% della spesa pubblica sanitaria.

Pane bianco, patatine, pizza, zuccheri e bevande zuccherate sono responsabili di sbalzi glicemici e principale causa di sovrappeso e obesità infantile, insieme ai grassi saturi e alla scarsa assunzione di fibre. Perché ingrassiamo con i carboidrati provenienti da cereali raffinati? Sappiamo che un eccesso di somministrazione di insulina nel diabete causa aumento di peso e la carenza di insulina causa dimagrimento. E fra tutto ciò che mangiamo, i carboidrati raffinati e rapidamente digeribili sono quelli che fanno produrre la maggiore quantità di insulina provocando l’aumento di peso della popolazione
Il sempre maggiore quantitativo di carboidrati raffinati nella dieta aumenta i livelli di insulina, spingendo le cellule adipose ad aumentare la loro attività di immagazzinamento dei zuccheri e favorendo le risposte biologiche che promuovono l’obesità in un gran numero di persone. I cibi al alto indice glicemico – patatine, crackers, bevande, cereali per la colazione e anche pane e riso bianchi e quindi pizza, lasciano in bocca un gusto dolce che deriva dalla scomposizione degli zuccheri dell’amido: questa sensazione stimola a consumarne ancora e causa sbalzi dei valori glicemici nel sangue. Ratti alimentati con una dieta basata su carboidrati rapidamente digeribili (ad alto indice glicemico) accumulano il 71% in più grasso rispetto ad altri ratti, che consumavano più calorie, ma attraverso carboidrati lentamente digeribili.

Più si assumono zuccheri più si va in ipoglicemia, per questo gli zuccheri causano obesità. La glicemia deve essere costante nel sangue, se andiamo in ipoglicemia il cervello non funziona bene. Bisognerebbe cambiare le colazioni, attualmente troppo ricche di zuccheri assunti tramite biscotti e merendine.

A proposito del rapporto tra obesità e cancro (tumore al rene, alla prostata, all’intestino, etc), nel 2001 non c’era ancora nessun studio scientifico che avesse messo in relazione obesità e “cibo spazzatura”. Dai primi studi si evince che, per ogni lattina di coca cola che un bambino beve al giorno, il rischio obesità aumenta del 60%. I cibi che fanno più ingrassare sono, patatine, patate (indice glicemico molto alto), carni conservate, carni rosse, bevande zuccherate, farine raffinate e dolciumi. Ciò che aiuta a non ingrassare sono cereali integrali, verdure, noci, nocciole, mandorle e pistacchi. La frutta secca contiene grassi e ha molte calorie, ma ha la proprietà meravigliosa di ridurre la velocità di assorbimento del glucosio.

Più alta è la glicemia, più alto è il rischio di cancro al seno. Per tenere bassa la glicemia bisognerebbe consumare frutta secca, evitando l’uso di pane bianco, patate e farine raffinate. In particolare, la farina 00 è dannosa, dovrebbe essere sostituita con la farina integrale o semiintegrale. La pasta di grano duro, invece, va molto bene (si usa nell’alimentazione di chi pratica sport perché, dopo 2-3 ore, rilascia ancora zucchero per far funzionare muscoli).

La pizza da farina 00 che mangiamo si ricomporrà e lieviterà nello stomaco e pazienza se ci addormenteremo abbracciati ad una damigiana d’acqua. Ma un’altra pizza è possibile come ben testimonia il nostro passato.: farina macinata a pietra da grani 100% italiani da agricoltura integrata, impasti con lieviti di pasta madre; con tutte le ore di maturazione e lievitazione necessarie per renderla gustosa, nutriente e digeribile. Dovremmo ritornare alla pizza del passato con la rivalutazione e il ripristino di numerosi mulini a pietra che utilizzano tecniche di molitura legate, appunto, non ai moderni cilindri ma a pietre naturali che macinano lentamente i chicchi di grano, producendo farine biologiche e integrali .

La pasta è un prodotto che è entrato nella nostra alimentazione in epoca relativamente recente. In commercio ne esistono di pregevoli perché prodotte utilizzando farine di frumento di qualità ed essiccate a bassa temperatura, ma ce ne sono anche molte che per la scadente qualità della farina impiegata e per l’adozione di processi di essiccazione ad elevata temperatura (superiore ai 100°) non possono soddisfare affatto i consumatori. Una pasta così fatta non ha sapore ed è poco digeribile perché ad elevata temperatura l’amido cristallizza e diventa inattaccabile dagli enzimi digestivi. La farina più adeguata alla produzione della pasta è quella di grano duro. A causa delle sue specifiche proprietà il glutine di frumento duro forma una fitta rete che, intrappolando l’amido, ne impedisce la fuoriuscita quando la pasta si cuoce.

L’altra strategia per tenere a bada la glicemia è ridurre i grassi saturi che sono dei grassi solidi. La membrana delle nostre cellule è fatta prevalentemente di grassi e, a seconda di quali assumiamo, essa sarà diversa. Se mangiamo burro, la membrana sarà più dura, con l’olio diventa più elastica e con gli omega 3 ( i grassi presenti nel pesce), ancora di più. Se la membrana è rigida, l’insulina fa fatica ad aprire le porte per fare entrare gli zuccheri, quindi si alza la glicemia e il pancreas deve produrre più insulina. Chi ha l’insulina alta rischia di ammalarsi di cancro. L’insulina alta fa aumentare gli ormoni sessuali nelle ovaie e i fattori di crescita (piccole proteine che servono a far crescere i bambini e, nell’adulto, a riparare i tessuti quando si guastano ma, se in eccesso o troppo stimolate, fanno aumentare il rischio di cancro). Da studi avviati nei primi anni ’90 si ha la conferma che il fattore di crescita IGF1 (molto importante per la crescita dei bambini) in età adulta può essere un fattore di rischio per il cancro alla mammella, e ciò dipende proprio dai valori elevati di insulina, che stimola il IGF1. Il nostro corpo è stato progettato in modo che, quando manca il cibo (tempi di carestia), l’insulina sia bassa. In questo caso, l’ovaio non riesce a produrre ormoni sessuali e le donne diventano sterili. E’ un meccanismo di difesa, la poca energia che c’è viene usata per sopravvivere e non per procreare.

Nella nostra società, l’assenza di guerra e di fame sono due delle cause di aumento della nostra speranza di vita, e questo anche grazie alla medicina, che ha debellato molte malattie infettive dovute alle carestie conseguenti alla guerra. Oggi, la medicina tiene in vita molte persone grazie al controllo del colesterolo, della pressione, dei trigliceridi, della coagulazione del sangue, del diabete, etc. Il 90% della popolazione anziana prende farmaci ogni giorno (business clamoroso, in aumento). Infatti, la nostra più grande industria nazionale è la sanità.

Il nostro stile di vita può portare alla sindrome metabolica. Si dice che una persona ha la sindrome metabolica quando la sua circonferenza di vita è maggiore di 85 cm (per le donne) o 100 cm (per gli uomini), quando la pressione minima (diastolica) è superiore a 85 e la pressione massima (sistolica) è superiore a 130, quando la glicemia è superiore a 100, quando i trigliceridi sono oltre 150 e quando il colesterolo buono è sotto 50. Altri fattori importanti che favoriscono la sindrome metabolica sono l’insulina alta e gli stati infiammatori. Basta avere tre sintomi su cinque e si può definire come sindrome metabolica. Chi ha questa sindrome, rischia di ammalarsi di più di diabete, infarto e ictus. Recentemente, si è notato anche un aumento del rischio di cancro alla vescica, alla mammella, all’’intestino, alla prostata, etc, della patologia di  Alzheimer, di malattie autoimmuni, etc. L’insulina favorisce il deposito di grasso, il passaggio a un rapido aumento di peso e di trigliceridi elevati, che può portare a malattie cardiache. Nel tempo, il pancreas diventa così carico di lavoro che la produzione di insulina si blocca, e ipoglicemia (poco zucchero nel sangue) o diabete vengono a galla. Non è un caso che il diabete sia una delle malattie più diffuse negli ultimi decenni. Ci sono bambini che nascono già diabetici negli Usa a causa degli errori alimentari dei loro genitori e in Italia la percentuale di celiachia e intolleranza al glutine (presente nel frumento) cresce ogni anno del 10 %. La farina 00 – come tutti i prodotti raffinati – provoca un aumento della glicemia e il conseguente incremento dell’insulina, fenomeno che nel tempo porta ad un maggior accumulo di grassi depositati“.Tutto questo si traduce quindi con un indebolimento dell’organismo, sempre più soggetto a malattie di ogni tipo, tumori inclusi.Inoltre la farina di grano raffinata è il combustibile che alimenta le infezioni e gli alti livelli di zucchero nel sangue creando un terreno fertile per batteri dannosi e un conseguente indebolimento del sistema immunitario.

Alcuni studi dimostrano che la dieta mediterranea tradizionale, fatta di cereali non raffinati, legumi, verdure, frutta secca, frutta fresca, pesce e, occasionalmente, formaggio e carne, riduce la sindrome metabolica. Infatti, nelle zone dove viene adottata una simile dieta ci si ammala meno anche di cancro al seno.

Quindi, bisogna orientare la nostra alimentazione prevalentemente verso “cibi di origine vegetale non industrialmente raffinati”. La varietà è importantissima, ma si sta riducendo a causa delle logiche di mercato messe in atto per aumentare la produzione. Anche la produzione di latte è soggetta a questa logica: una volta le mucche facevano 7 litri di latte al giorno, oggi si arriva a 35 e anche oltre, specialmente negli U.S.A. Sono mucche malate, trattate con antibiotici, che consumano le proprie proteine perché non ce la fanno a mangiarne abbastanza per produrre tanto latte.

“La debolezza è la nostra forza”: dobbiamo approfittare della violenza del cambiamento alimentare avvenuto nell’ultimo secolo per trovare altre strade. Non basta il cibo, dobbiamo occuparci del corpo in tanti modi. “Non si vive di solo pane”, la gente si ammala anche per la mancanza di cibo spirituale. Anche il contatto è molto importante, è terapeutico, e il fatto che i medici non visitino più i pazienti non è positivo.

Attualmente, i semi che piantiamo nella terra provengono tutti da tre grandi multinazionali chimiche. Ci sono movimenti per il recupero dei semi, delle biodiversità tradizionali (vedi Slowfood) e dell’agricoltura di sussistenza, per ridare all’uomo la possibilità di coltivare il suo terreno. Siamo tutti diversi, lo stesso cibo ha effetto diverso in persone diverse. La consapevolezza è il grande obiettivo di oggi. La gente non sente più il proprio corpo, invece bisogna imparare a riconoscere gli effetti che ha su di noi il cibo. Per capire a cosa dobbiamo stare più attenti, bisogna riconoscere le nostre debolezze (ad esempio, una costituzione fragile). Così come per un operatore shiatsu, a volte, basta guardare in faccia una persona per fare la diagnosi, così si può capire se uno necessita un cibo che “riscaldi” o che “raffreddi”.In ogni caso, una volta introdotta l’agricoltura, tutti i popoli del mondo hanno mangiato cereali e legumi. I nostri gusti sono stati avvelenati dallo zucchero e dal sale.

L’industria alimentare, trae enormi profitti dagli alimenti altamente raffinati derivanti da mais, frumento e riso e invoca il bilancio energetico, e quindi la quantità di calorie, come prima linea di difesa per spiegare l’aumento di peso e l’obesità. Se tutte le calorie fossero uguali, allora non esisterebbero cibi cattivi e le bevande zuccherate e i cibi spazzatura sarebbero accettabili se usati con moderazione. Sarebbe quindi una semplice questione di controllo delle porzioni e di vita sedentaria. Il fatto che questo raramente funzioni, viene usato come prova che le persone obese mancano di volontà, non che il cibo sia ricco di glucosio e di grassi saturi.

Possiamo riuscire a ritrovare la saggezza del corpo solo sentendo il gusto naturale del cibo vero. E’ molto difficile liberare il corpo dalla sovrastruttura alimentare imposta, anche perché il cibo ha una componente sociale, oltre che un retaggio familiare.
Altra regola importante è mangiare cibo di stagione e soprattutto cibo del paese in cui si vive: ogni alimento ha la sua massima energia e potenzialità nutritiva se assunto nella stagione della sua massima maturazione.
non è solo una questione di tabelle nutrizionali ma è soprattutto di culrsi bene non significa fare dieta o fare penitenza o vivere eternamente a dieta.

Il ritorno alla qualità del cibo, all’agricoltura contadina e famigliare che ci auguriamo non può ridursi alla valutazione dell’importanza di elementi quantitativi e economicistici ,dimenticando o ignorando che stiamo parlando di cibo. Non “fa lo stesso” cosa mangiamo come ci dice Carlo Petrini che aggiunge:

«Noi e gli animali, viviamo meglio se mangiamo meglio, e soprattutto se quel che mangiamo lo possiamo scegliere in base ai nostri gusti, alla nostra cultura e alla nostra identità. E per mantenere il nostro diritto alla scelta, occorre che il ventaglio delle possibilità non debba restringersi».

In nome del progresso e del profitto, la sovranità alimentare, che dà diritto a un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, sarà distrutta”.

Che fare? Sempre Carlo Petrini e Slow Food ci vengono in soccorso: lavoriamo per le Comunità del Cibo, cibo di qualità che comprenda tutti gli attori di una determinata filiera alimentare locale, inclusi produttori e consumatori, ristoratori ed anche istituzioni locali. D’accordo ma il prezzo dovrebbero essere equo altrimenti i prodotti di qualità saranno appannaggio solo di pochi, come già sta avvenendo con Eataly.

Mangiare bene non è solo una questione di tabelle nutrizionali ma è soprattutto di cultura e di consumo consapevole. Dietro l’idea di dieta mediterranea c’è una concezione dell’uomo e del rapporto con l’ambiente e con la natura che va oltre i nutrienti. Nutrirsi bene non significa fare dieta o fare penitenza o vivere eternamente a dieta.

La qualità del cibo è più importante della quantità delle calorie! E’ più importante  sapere prima cosa mangiamo rispetto a come e quanto mangiamo! Cercare la qualità nel cibo, facendo attenzione alla sua provenienza e alle modalità di coltivazione e produzione.

 

L’Associazione ledonnescelgono sviluppa attività di informazione, di sensibilizzazione sociale e coopera nella realizzazione di progetti finalizzati alla prevenzione primaria e alla diagnosi precoce del tumore della mammella.