Fattori di rischio e cause

rischio
La maggior parte dei fattori conosciuti che modulano il rischio di tumore della mammella (familiarità, aspetti legati alla storia riproduttiva e personale) appaiono del tutto o sostanzialmente non modificabili. Molti tumori, ivi compreso quello della mammella, sono per lo più di origine alimentare e la prevenzione dovrebbe cominciare a tavola.
L’alimentazione può influenzare l’insorgenza del tumore modificando l’ambiente interno dell’organismo che promuove e attiva sostanze od ormoni che favoriscono il tumore e la sua progressione. Vi è uno stretto legame tra la qualità e quantità degli alimenti e la protezione della salute. Bisognerebbe conoscere l’intero ciclo alimentare dei prodotti interrogandosi su provenienza e qualità degli alimenti.
I fattori di rischio principali per questa neoplasia sono stati identificati nella storia riproduttiva, nel profilo ormonale e nelle abitudini di vita; in particolare numerosi studi hanno identificato come fattori di rischio, la lunga durata del periodo fertile (con menarca precoce e menopausa tardiva), la nulliparità o la prima gravidanza a termine dopo i 30 anni, il mancato allattamento al seno e l’uso di contraccettivi orali.
L’utilizzo di terapia ormonale sostitutiva, specie se basata su estroprogestinici sintetici ad attività androgenica costituisce un fattore di rischio, così come radioterapie pregresse (toraciche e specialmente prima dei 30 anni) e precedenti neoplasie del tessuto mammario.
Importante, è la valutazione della storia familiare: infatti il 5%-7% dei carcinomi mammari risulta essere legato a fattori ereditari, 2/3 dei quali determinati dalla mutazione di due geni, BRCA-1 situato nel cromosoma 17 e BRCA-2 situato nel cromosoma 13 . Questi geni quando funzionano bene proteggono dal cancro perché concorrono a riparare i danni del DNA, quando sono mutati favoriscono l’insorgenza del tumore.
Nelle donne portatrici di mutazione di BRCA-1 la probabilità di sviluppare un tumore al seno è del 20% entro i 50 anni (10 volte di più delle donne normali) e del 50% entro i 70 anni. Le donne portatrici di mutazione BRCA-2 hanno un rischio del 15% entro i 50 anni e del 45% entro i 70 anni. Queste donne hanno un rischio del 10% di ammalarsi di tumore dell’ovaio entro i 50 anni e del 40% entro i 70 anni se la mutazione riguarda il BRCA-1. Rischi dimezzati se la mutazione coinvolge il BRCA-2.

Fattori di rischio importanti sono:
la densità mammaria (mammelle con ricca componente fibroghiandolare),
l’obesità,
lo scarso esercizio fisico
la sindrome metabolica

La sindrome metabolica è caratterizzata da un insieme di condizioni: ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, iperglicemia, adiposità addominale con circonferenza vita maggiore di 88 e ipertensione. Quando presenti tre di questi fattori aumenta il rischio per l’insorgenza del tumore della mammella. Il tessuto adiposo poiché coinvolto nella produzione di ormoni che stimolano le cellule a dividersi.

L’alcol in eccesso aumenta il rischio di cancro al seno innalzando i livelli circolanti di ormoni sessuali e mediante l’effetto diretto dell’acetaldeide, il metabolita principale dell’etanolo, noto cancerogeno e mutageno.
Di recente alcuni studi hanno dimostrato un possibile ruolo cancerogeno del fumo. Sono sospetti di favorire il carcinoma mammario certi pesticidi, come il DDT, le diossine, certi plastificanti costituenti dei materiali a contatto con gli alimenti come il bisfenolo A, gli ftalati. Queste sostanze attive sul sistema endocrino sono interferenti ormonali ad attività estrogenica. Gli esseri umani e gli animali possono essere esposti, attraverso la dieta e altre fonti, a un’ampia varietà di sostanze attive sul sistema endocrino, naturali (ad es. i fitoestrogeni presenti nella soia) o artificiali. Alcune sostanze attive sul sistema endocrino sono utilizzate intenzionalmente nei medicinali (pillole anticoncezionali, sostituti degli ormoni tiroidei) per i loro effetti endocrini.

Le sostanze attive a livello endocrino (EAS) sono sostanze in grado di interagire o interferire con la normale azione ormonale. Quando ciò provoca effetti avversi, si parla di “interferenti endocrini”.  Il sistema endocrino è importante per la salute dell’uomo e degli animali, perché regola e controlla il rilascio di ormoni. Gli ormoni sono i messaggeri chimici dell’organismo e sono essenziali per funzioni come il metabolismo, la crescita e lo sviluppo, il sonno e l’umore. La regolazione ormonale è di particolare importanza nelle fasi critiche dello sviluppo, ad esempio per il feto o durante l’infanzia. Il sistema endocrino è molto complesso e la regolazione della secrezione ormonale dipende da molteplici fattori. Le conoscenze scientifiche in quest’area sono ancora in evoluzione; pertanto la comprensione di che cosa sia una sostanza attiva sul sistema endocrino continua a essere oggetto di dibattito scientifico.
“In tutto abbiamo individuato 85 composti in grado di interferire con uno o più bersagli biologici”, spiega Chiara Mondello dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia (Igm-Cnr) che, insieme alla collega Ivana Scovassi, ha fatto parte del dodicesimo gruppo. “I risultati mostrano che effettivamente ci sono tanti composti chimici che possono agire sullo stesso bersaglio, e più bersagli che possono essere colpiti da uno stesso agente. È estremamente importante andare quindi a verificare non solo il possibile effetto nella genesi del tumore di un singolo agente, ma l’azione delle combinazioni e le dosi a cui agiscono”.
I composti sotto osservazione. Uno degli agenti chimici che risulta distruggere più meccanismi molecolari è il bisfenolo A (BPA), un plastificante usato in molti prodotti, anche nei contenitori per alimenti e nei cosmetici, già sotto osservazione per il suo possibile ruolo nello sviluppo deitumori (compresi quelli al seno) e perché è in grado di interferire con il sistema endocrino. Bandito dai biberon dal 2011 (in Europa), è stato recentemente sotto la lente della Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha ridotto di oltre 10 volte la dose giornaliera tollerabile.
“Anche gli ftalati, utilizzati sempre nella produzione delle plastiche o come additivi cosmetici, possono avere un’influenza sullo sviluppo del tumore al seno”, continua Mondello, “come iparabeni, che in alcune analisi sono stati trovati nel tessuto mammario, in concentrazioni sufficienti a stimolare la proliferazione di cellule del tumore al seno. Un altro composto da tenere d’occhio è il metossicloro, un insetticida utilizzato in agricoltura, che può attivare alcuni geni implicati nello sviluppo del cancro”.
Ma cosa ci indica, realmente, questa analisi? “Che c’è ancora molto lavoro da fare”, risponde la ricercatrice: “Non vi sono prove definitive che le sostanze individuate siano cancerogene, ma bisogna promuovere studi che ci portino a una regolamentazione ottimale”.
Per conoscere se e quale fosse la connessione tra stile di vita, alimentazione e sviluppo dei tumori in Europa sono stati sviluppati a partire dagli anni 80 alcuni grandi studi prospettici. Il primo per ampiezza e completezza, nato proprio su impulso dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, è lo studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), studio internazionale che mira a fare luce sulla relazione tra dieta, stile di vita, fattori ambientali e incidenza di cancro e di altre malattie croniche. EPIC è il più grande studio sul rapporto alimentazione e salute mai intrapreso con 520.000 persone provenienti da dieci paesi europei (Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia e Regno Unito).
Lo studio ha stabilito il nesso causale tra alimentazione e tumore della mammella. I risultati di questo ampio studio, condotto su una popolazione eterogenea di donne europee e con un’ampia variabilità di consumo di grassi, confermano, quindi, quanto già rilevato da precedenti studi: l’eccesso di consumo di grassi saturi è associato ad un aumento del rischio di sviluppare un tumore della mammella.

Attraverso numerosi meccanismi l’alimentazione può influenzare l’insorgenza dei tumori

1) esposizione a cancerogeni presenti nei cibi o formatisi durante la cottura o nella conservazione degli alimenti.

2) riparazione dei danni al DNA.

3) capacità di fornire sostanze che favoriscono o al contrario sfavoriscono la formazione dei radicali liberi responsabili di danni cellulari (sostanze pro o anti-ossidanti)

4) attivazione di meccanismi di morte cellulare programmata.

La dieta è in grado di modificare significativamente l’ambiente interno promuovendo o, al contrario, limitando la disponibilità di sostanze e di ormoni che possono favorire la progressione del tumore.

Le analisi geografiche di incidenza e studi su animali dimostrano che la dieta ipercalorica e iperlipidica con grassi saturi e proteine potrebbe essere un fattore di alto rischio. Dagli anni ’60 ad oggi il consumo di carne è cresciuto del 180%. Ne mangiamo 90 kg ciascuno ogni anno, nessun cibo ha il costo ambientale della carne, ogni kg di manzo richiede 15.000 litri d’acqua. L’allevamento degli animali rappresenta oggi sul totale delle emissioni serra una percentuale che va dal 14 al 18%.
Vi è uno stretto legame tra la qualità degli alimenti e la protezione della salute. Bisognerebbe cominciare ad interrogarsi sul ciclo alimentare dei prodotti e sulla provenienza e qualità degli alimenti.

Il cibo sano e sostenibile deriva da una agricoltura sana e sostenibile i cui vantaggi sono:

Meno pesticidi più terreni fertili

Meno fertilizzanti più suolo

Meno inquinanti più verde

Meno gas serra più acqua pulita

Meno trasporti e meno cemento