Possibili effetti negativi dello screening

Quando raggiunge un elevato livello di adesione nella popolazione a cui si rivolge, un programma organizzato di screening con un’offerta proattiva e gratuita favorisce l’equità di accesso a tutte le donne interessate, residenti e domiciliate, senza distinzione alcuna di razza, religione o appartenenza a strato sociale. I risultati degli studi nel Centro-Nord ma non nel Sud costituiscono, dunque, un riconoscimento del valore in termini di significato sociale dello screening organizzato.

Tuttavia la pubblicità degli screening sovrastima i benefici e sottostima limiti e rischi con una disinformazione colpevole della popolazione femminile
La presunta efficacia della diagnosi precoce è a volte rafforzata da percezioni fuorvianti: infatti, un test che anticipa il momento della diagnosi, senza modificare in alcun modo la data o la causa della morte, apparirà efficace agli occhi delle donne pur essendo in realtà del tutto inutile. Lo screening determinerebbe una diagnosi anticipata della malattia in una fase asintomatica: per alcuni donne, questo può tradursi in un prolungamento della fase clinica della malattia senza che vi corrispondano cambiamenti significativi nella sua storia naturale. In altre parole, anticipando si prolunga soltanto la malattia, senza alcun beneficio in termini di vita guadagnata. Questa distorsione percettiva potrebbe essere alimentata dallo slogan “la diagnosi precoce aumenta la sopravvivenza senza ridurre la mortalità”.
Su circa 260000 diagnosi di cancro nel 2012 negli Stati Uniti il 27%, 64000 sono carcinomi in situ, di questi la metà non sarebbero mai diventati carcinomi infiltranti.

Su mille donne americane cinquantenni sottoposte a screening mammografico ogni anno per un decennio, una quota compresa tra 0,3 e 3,2 scamperà alla morte per cancro al seno, tra 490 e 670 donne dovranno affrontare una diagnosi dubbia o falsamente positiva, e tra 3 e 14 donne subiranno trattamenti inutili per tumori che, se non scoperti, non si sarebbero mai sviluppati. In ambito oncologico, l’overdiagnosis ossia  l’identificazione di lesioni non evolutive dipende fondamentalmente da due fattori: i casi di lesioni occulte non evolutive e la sensibilità sempre crescente dei test diagnostici che ne permettono la diagnosi.  I programmi di screening organizzato in particolare al Sud contribuiscono alla riduzione delle diseguaglianze in termini di accesso alla diagnosi precoce nelle fasce di popolazione target più svantaggiate? No
La diseguaglianza nell’adesione allo screening viene rilevata per:
– territorio
– livello d’istruzione
– difficoltà economiche
– cittadinanza straniera

 
Altri elementi discordanti e contradditori sono:

  • Assenza del rapporto medico-paziente e non completa informazione
  • Non coinvolgimento delle donne e delle Associazioni femminili
  • Mammografia esclusiva (biennale)
  • Lettura dell’esame differita e ansia nei richiami
  • Bassa adesione al programma al Sud
  • Tasso dei carcinomi non rilevati (20%)
  • Carcinomi d’intervallo del 30% se screening annuale, del 50% se biannuale
  • 10% di sovratrattamento
  • Nessun esame per le donne escluse dal programma
  • La, Legge 23 dicembre 2000, n. 388, invita le donne, in età compresa tra 45 e 69 anni, a fare una mammografia gratuita ogni 2 anni. Il “messaggio scientifico” invece, distingue tra le diverse fasce di età consigliando una mammografia ogni anno per le donne che hanno compiuto 40 anni fino a 50 anni di età.
  • I programmi di Screening in Italia sono gestiti a livello regionale e invitano donne in diverse fasce di età ( in larga parte dai 50 ai 69 anni, alcuni, dai 45 ai 74 anni) in relazione alle risorse che il servizio sanitario regionale rende disponibili.
  • Sarebbe utile identificare un unico modello per il reclutamento delle donne in età di screening.
    Ma noi ci chiediamo la prenotazione della mammografia per finalità di diagnosi precoce tramite agenda CUP garantisce la copertura alle donne con meno di 50 anni e più di 70 ?